Descrizione:
Sono trascorsi quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare, i suoi testi sono i più rappresentati al mondo, tutti lo conoscono. Tutti lo citano. Hollywood lo adora. La pubblicità ne abusa.
Le sue battute sono diventate il paradigma dei sentimenti di amore, odio, incertezza… Eppure chi sogna una storia d’amore come quella di Romeo e Giulietta è consapevole che è durata solo tre giorni e sono morti tutti? Quanti conoscono davvero le sue opere?
L’obbligo scolastico porta a studiare i suoi monologhi durante le lezioni di Inglese ma tra la pronuncia incerta e la mancanza di capacità recitative i suoi monologhi sublimi finiscono per sembrare poco interessanti.
Abbiamo interrogato gli storici dell’età elisabettiana, gli studiosi di letteratura, gli esperti di teatro e soprattutto abbiamo letto e riletto le opere di Shakespeare.
E leggendole nella versione originale ci siamo lasciati conquistare dal ritmo delle sue parole. Parole precise, penetranti e potenti. Soprattutto i monologhi e le tirate in blanke verse.
Recitare il blanke verse shakesperiano per un attore è come fare una galoppata in sella a un cavallo, che sfrecciando sul sentiero preso dal personaggio, ne svela i piani nascosti tra i cespugli dell’anima, saltando agilmente fossati insidiosi, guadando i fiumi in piena della passione, combattendo contro le correnti nemiche, e approdando ansimante e con i muscoli in tensione sulla riva ideale del proprio trionfo.
Il ritmo muta il respiro di chi recita accompagnandolo, come in un percorso ad ostacoli, verso la prossima decisione del personaggio, il prossimo conflitto, la fine, la morte o forse la vita.
Il blank verse, di Shakespeare adempie al vero compito dell’arte: eleva la quotidianità distillandola in una potente soluzione ritmica e sonora, produce immagini, sensazioni, emozioni, un’esplosione immaginifica in grado di muovere la psiche dell’attore e dunque dello spettatore.
Ci siamo chiesti a quale esperienza vissuta quotidianamente ai giorni nostri si possa paragonare questo sentire e ci siamo resi così conto che i rapper, i famosi 50 Cent, Diddy, Eminem, Fabri Fibra, Caparezza, Jay-Z, usano gli stessi accorgimenti (se non lo stesso metro ritmico) del grande drammaturgo elisabettiano.
A conferma che l’animo umano in questi quattrocento anni non è cambiato, sente ancora lo stesso amore, lo stesso odio e la stessa incertezza. E che i versi di Shakespeare se ben recitati e accompagnati dalla giusta musica sono… cool!
Note:
David Remondini, attore diplomato alla scuola del Piccolo Teatro di Milano, dove ha studiato con Laura Pasetti del Charioteer Theatre è madrelingua inglese.
Lo spettacolo è in lingua italiana con brani originali di Shakespeare rappati, dopo essere stati tradotti e spiegati.
Altre produzioni di questa compagnia : DANNATO BEATO DANTE – OMERO JAZZ & BLUES – VIRGILIO E’ BALLABILE – SHAKESPEARE THE GREAT RAPPER – LO STRANO CASO DI ORESTE PRINCIPE DI ARGO